“Sindrome Nimby? Anticipare la comunicazione e accrescere la responsabilità individuale”

Mar 2, 2016

Distinguere tra progetti di sviluppo sostenibile e opere ad elevato impatto ambientale, per il cittadino comune, è divenuto sempre più complicato. Spesso non circolano abbastanza informazioni, a volte a mancare sono quelle importanti. La comunicazione gioca un ruolo essenziale, anche se non è tutto.
Di questo e di altri aspetti legati ai conflitti ambientali Sergio Vazzoler, partner Amapola, ha discusso con Arpat, l’Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale della Toscana, che sul suo sito internet ospita una sezione dedicata alle notizie e agli approfondimenti.

La sindrome Nimby, cioè l’avversione per ogni opera che ha, o si teme possa avere, effetti negativi sui territori in cui verrà costruita, dilaga da nord a sud nel nostro Paese e sembra diventato impossibile portare a termine un progetto o una infrastruttura.

Anticipiamo un estratto dell’intervista a Vazzoler:

Spesso l’attenzione si concentra sulle modalità di partecipazione adottate o meno ma il fattore decisivo riguarda il modo in cui nascono e muovono i primi passi i progetti di impianti, infrastrutture o opere. È in questa fase iniziale che si creano le condizioni del conflitto, in quanto il decisore pubblico è spesso incerto o opaco nel definire l’iter amministrativo e autorizzativo, così come la volontà politica di realizzare i progetti di sviluppo sul territorio appare timida e contradditoria. E la comunicazione va di pari passo: si preferisce rimanere sul vago, sull’ipotetico e non si investe da subito in un piano di comunicazione dettagliato che veda pubblico e privato uniti nella condivisione delle regole d’ingaggio.
Da qui si lasciano eccessivi spazi di manovra alle strumentalizzazioni e alle mistificazioni, spesso fondate più sul gioco delle parti che non sul merito del progetto. E la strada diventa tutta in salita. Al contrario, chi ha la responsabilità delle scelte, dovrebbe riscoprire tanto la cultura dell’ascolto quanto quella della responsabilizzazione dei cittadini. A tal proposito dovremmo tutti ricordarci la frase scritta da Aldo Moro nel 1978, poco prima del suo rapimento, che indicava come si sarebbe rivelata effimera la stagione dei diritti senza far rinascere nel Paese il senso del dovere”.

Leggi qui l’intervista completa sul magazine on line Arpat News